Calitri viaggio nel gusto e nella storia dei campi di grano -le cannazze al ragù dove mangiarle

Calitri paesaggio

Calitri è denominata “la Positano dell’Alta Irpinia” per la vista policromatica che si gode osservando la cittadina dal lato sud-est che la fa sembrare un borgo di mare, paradossalmente trasferito e incastonato tra gli altopiani irpini, ai confini con il Vulture. Attraversando il borgo di Calitri sembra che il tempo si sia fermato, proprio come racconta l’orologio sulla torre in via Pasquale Berrilli le cui lancette segnano tristemente l’ora del terremoto del 23 novembre 1980: le otto meno venti. Questo terribile evento ha segnato profondamente la storia di Calitri, risucchiando in un vortice feroce la sua anima contadina. In questo meraviglioso angolo dell’Alta Irpinia lentamente si riacquista vitalità grazie alla produzione del grano Senatore Cappelli ed altre varietà tipiche del luogo che alcuni produttori si sono impegnati a rilanciare.

 La storia di Calitri è stata scritta con spighe di grano e farina: arrivando sull’Altopiano Formicoso durante l’estate, le colline che si susseguono numerose sembrano quasi un mare dorato che ondeggia smosso dal vento. Era il paese dei mugnai per i tanti bellissimi mulini nella vallata del fiume Ofanto. Il vento qui scandisce dolcemente i tempi della giornata.

Calitri è famosa per due cose soprattutto: le cannazze e lo Sponz Fest.

Le cannazze calitrane sono dei maccheroni tipici del luogo, risalenti alla metà del ‘700, che avevano forma lunga e cilindrica; oggi sono state sostituite dagli ziti e dai mezzani, ma continuano a denominarsi “cannazze”: vengono condite con un sugo di ragù di vrasciole (involtini di carne) e sono il piatto ufficiale di Calitri.

Lo Sponz Fest, l’evento che si svolge da svariati anni a Calitri, organizzato in primis dal cantautore Vinicio Capossela, originario del luogo, è la festa dei matrimoni che nel paesino alto-irpino, di antica tradizione agricola, venivano festeggiati facendo baldorie, balli e abbuffate a base di cannazze, vrasciole e vino, e duravano più giorni.

Ma a Calitri conviene recarsi nei giorni di non-festa, per visitare con calma il Borgo Castello, l’antico villaggio che sorgeva intorno al Castello dei Gesualdo, e per immergersi nel confortevole silenzio del centro storico che si dirama tra suggestive e solitarie viuzze che invitano alla passeggiata e alla meditazione.

Dove mangiare le cannazze a Calitri

A Calitri le cannazze si possono degustare presso l’Osteria delle Tre Rose (denominazione che richiama il simbolo delle “tre rose” raffigurato nello stemma cittadino), presso la Locanda dell’Arco,  un ristorante ricavato in una delle innumerevoli grotte che costellano il centro storico, è anche un B&B dove fermarsi a dormire, e ancora presso la Gatta Cenerentola, sempre nel centro storico.

A Calitri è d’obbligo degustare il famoso Caciocavallo Irpino stagionato in grotta, le grotte del centro storico vengono utilizzate a questo fine. Lo si può acquistare presso la Caciocavalleria D&D.

Vanno forte pure i salumi artigianali, soprattutto le soppressate e le salsicce stagionate. Si possono trovare in tutte le macellerie del paese.

Ma se si vogliono reperire specialità gastronomiche, informazioni sulla gastronomia e sulle ricette calitrane, scambiando quattro chiacchiere in allegria, basta recarsi alla Polleria di Annamaria Maffucci, ritrovando il piacere di ascoltare le voci e i fatti di una comunità in prima persona.

Le cannazze artigianali si possono comprare presso l’ottimo Pastificio Cestone che produce pasta fresca e secca.

Per i dolci, invece, bisogna proprio passare alla Biscotteria “I Nobili” e alla Pasticceria Zabatta. A Calitri fanno delle ottime Zeppole (non solo a San Giuseppe), ben farcite di crema pasticciera, ma diverse dal bignè napoletano e più simili a quelle che si fanno tradizionalmente in casa.Infine, Calitri è anche città della ceramica, e non si può andare via senza avere visitato lo studio e l’esposizione di manufatti del Maestro ceramista Vito Zabatta, il quale ha introdotto nel paesino alto-irpino, dove c’è anche una scuola della ceramica, l’arte del Lucignolo. È una tecnica antichissima, risalente all’età neolitica, quando ancora non erano stati inventati il tornio e la ruota.

Scritto da Pasquale Nusco
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